Il film, quando non è un documentario, è un sogno.
Ingmar Bergman
Non si tratta della creazione di una scultura antropomorfa partendo da un pezzo di creta vergine, ma di una sorta di divenire dell’immagine che dal magma del reale, fatto di elementi ben distinguibili su livelli dislocati fra loro, ne determina sovrapposizioni impossibili ad occhio nudo, forme lontanissime che si fondono in un surreale sistema di luci e ombre. Un sogno ad occhi aperti. Il reale colto nella sua forma più estrema di tensione onirica. Immagini di eterea semplicità, in cui luoghi apparentemente irreali diventano visioni di uno stato interiore che si flette verso un abisso. Nuvole e ombre si appropinquano minacciose e pareti candidamente vuote sprofondano nel precario equilibrio dell’inconscio.
Fotogrammi di città catturati in diversi momenti, ma con la stessa aria sognante, in un intenso bianco e nero, che allontana lo spettatore da una visione descrittiva, per guidarlo verso una più personale interpretazione.
A movie that is not a documentary is a dream.
Ingmar Bergman
It is not a matter of the creation of an anthropomorphic sculpture from a piece of virgin clay, but of a kind of becoming of the image that, from magmatic reality—made of distinguishable elements on dislocated levels—determines superpositions that are impossible with a naked eye; faraway forms that melt in a surreal system of light and shadow. A waking dream. The real caught in its more extreme form of oneiric tension. Images of ethereal simplicity, in which apparently unreal places become visions of an interior state that reflects into an abyss. Clouds and shadows come closer threateningly; candidly empty walls collapse into the precarious equilibrium of the subconscious.
Photograms of cities captured in different moments, but with the same dreamy air, in an intense black and white, that drive the spectator away from a descriptive vision to guide him towards a more personal interpretation.